di Luca Cappellini – Prendendo ad esempio le ultime elezioni politiche, escludendo i diversi indirizzi filosofici dei partiti e considerando solo la parte dell’elettorato ad altissima preparazione economica, ci si domanda come questa possa aver deciso su quale simbolo barrare la X in relazione alle promesse, ai costi e alle coperture economiche. I vari programmi hanno chiarito i punti omettendo la parte più importante: per consentire una scelta responsabile dovremmo sapere almeno se queste promesse siano nelle nostre disponibilità economiche e indicativamente quanto possano costarci.
Alcune associazioni e centri studi hanno provato a calcolare i costi delle promesse. I dati variano nei diversi preventivi. Non varia la corsa sfrenata a spese improbabili, consentendo alle varie forze politiche di urlare il proprio slogan il più forte possibile. Come risposta in pochi si sono chiesti quali fossero le coperture o almeno se a spanne fosse possibile avere un costo presunto. Il capolavoro è quando ci si esercita provando a sommare i costi totali dei vari programmi. Prendendo le proposte calcolabili, fatte nella campagna elettorale del 2022, dei primi 7 partiti, il valore aggregato è di quasi 840 miliardi.
Un esempio dei valori calcolabili in questa campagna (fonte “Liberi, oltre le illusioni”) propone la seguente classifica: Unione Popolari 170 mld – Fratelli d’Italia 160 mld – Lega 140 mld – PD 110 mld – Forza Italia 105 mld – M5S 105 mld – Azione/Italia Viva 50 mld.
Approfondendo i vari punti (ne prendiamo solo alcuni ad esempio per ogni partito) scopriamo che Fratelli d’Italia ha proposto senza indicare le coperture per la riforma dell’Irpef, l’estensione della flat tax per le partite iva fino a 100 mila euro e per la cedolare secca sull’affitto commerciale in zone svantaggiate al 21%. La Lega il percorso per la flat tax per tutti e la pace fiscale 2.0 conferma il cattivo esempio di non prevedere coperture.
Il Partito Democratico ha proposto la decontribuzione per le assunzioni dei giovani under 35, Alleanza Verdi Sinistra ha nel programma di alzare a 12 mila euro la quota di reddito esente da imposte, il Movimento 5 Stelle propone la cancellazione dell’Irap a beneficio di tutte le imprese, tutte proposte che confermano anche loro di non avere coperture indicate.
Questi sono pochi esempi ma su “Pagella Politica” è possibile rendersi conto del lungo elenco che può generare malessere e malumore.
Possiamo rimediare a questo malcostume? Se prendiamo l’elettorato meno preparato sulle questioni economiche potremmo perdere le speranze che possa interessarsi a queste analisi anche pensando alla difficoltà nel ricercare le diverse analisi sui siti di associazioni e centri studi. Impegnandosi a trovare e confrontare i dati rimane il dubbio che i calcoli siano stati fatti con metodo e imparzialità.
Una proposta che potrebbe migliorare la qualità del voto e la serietà dei programmi arriva dai Paesi Bassi. Il Central Planning Bureau, fondato dal premio Nobel Jan Timbergen ha funzioni simili al nostro Ufficio Parlamentare di Bilancio, organismo indipendente che svolge funzioni di vigilanza sulla finanza pubblica.
Il CPB, qualche mese prima delle elezioni raccoglie i programmi, calcola i costi, le coperture, il mantenimento dell’uguaglianza e i livelli occupazionali. L’elettore ha così a disposizione prima di recarsi alle urne, tabelle che calcolano i punti programmatici e consentono di migliorare la valutazione della propria preferenza in maniera epistocratica.
Nelle elezioni del marzo 2018 gli elettori dei Paesi Bassi hanno avuto a disposizione un report di 50 pagine da poter affiancare e confrontare ai comizi, talk show e post pubblicati sui social. Rimane comunque qualche dubbio che un elettorato rapito da facili slogan che urlano alla pancia e non parlano alla testa possa cambiare idea con dati seri e certificati. Dedicare tempo ad un report di 50 pagine è molto più impegnativo che vedere e condividere un video che fa leva sulla paura e sui pregiudizi. Un passo, certificando i programmi elettorali, potrebbe essere l’inizio di un percorso verso l’epistocrazia?